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venerdì 29 gennaio 2010

Con graffiti e carelli si invitano i giovani a ricordare la Shoah


Alto Adige — 28 gennaio 2010 pagina 45 sezione: AGENDA

BOLZANO. Rimembrare le ferite del passato ricordandosi che coinvolgere i giovani allontana il rischio di una memoria corta. Questo il messaggio lanciato dalle celebrazioni di ieri in occasione della Giornata della Memoria, collegate dal comune ricordo della tragedia della Shoah, con le autorità comunali, provinciali e molti partiti riuniti nel ricordo composto, mentre il futuro si mostra nelle scritte e i graffiti creati da giovani artisti nelle piazze cittadine ma anche nella nuova odonomastica bolzanina che saluta “Passaggio della Memoria” e “Passaggio don Daniele Longhi”. Il vicolo tra via Rovigo e via Bergamo da ieri ha infatti un nome suo: don Daniele Longhi. Il sacerdote bolzanino, arrestato il 19 dicembre 1944 e portato nel Durchgangslager di via Resia, è uno dei simboli della Resistenza altoatesina per il suo spendersi a favore degli internati. Durante la breve cerimonia d’intitolazione il presidente dell’Anpi, Lionello Bertoldi, ha illustrato la sua storia a una classe del vicino Liceo scientifico: un primo ponte verso il futuro. Poco dopo, la delegazione si è spostata lungo il muro del lager in via Resia, nel passaggio intitolato ieri alla Memoria. Depositate le corone, s’è anche reso onore alla targa che ricorda i sinti vittime dell’olocausto e il sindaco Luigi Spagnolli ha richiamato tutti a «non dimenticare quanto avvenuto e chi ha combattuto per un futuro di libertà e democrazia». La cerimonia ha poi avuto una significativa appendice al Cimitero ebraico e alla tomba di Manlio Longon. Toccante la testimonianza della presidentessa della Comunità ebraica di Merano, Elisabetta Rossi Innerhofer, che ha ricordato «tutti gli ebrei scannati senza pietà, strappati dalle loro famiglie e dai loro giacigli» introducendo la preghiera per i deportati. Ai piedi della tomba di Longon, invece, ci avvicina Bruno Barzoni e ci racconta la sua storia: «Sono stato catturato a Cremona e internato in Austria. Lavoravamo come bestie alla produzione di cemento, nelle miniere e poi lungo una teleferica. Cosa ricordo? La fame e il pochissimo cibo, così come gli amici che all’improvviso sparivano e non tornavano più. Prima di essere internato, ricordo che siamo stati messi in fila e uno su dieci veniva portato a San Vittore, forse giustiziato: io ero l’undicesimo». Hanno lo stesso sguardo Iole Beretta e Ierta Ferrari, figlie di due partigiani catturati a Bolzano e giustiziati. «Avevo 13 anni - racconta Ierta - quando la Gestapo venne in casa e rovistò tutto. Non sapevamo che papà fosse partigiano, non ci aveva detto nulla. Oggi sono ancora sconvolta dal dolore quando ricordo i giorni in cui, finito tutto, arrivavano i camion dalla Germania e noi ad aspettare speranzosi chi non sarebbe mai comparso». Intanto in alcune piazze giovani “graffitari” vergavano proprie creazioni dedicate alla Memoria: l’arte dei ragazzi al servizio di un messaggio importante. Fra i vari eventi della giornata, in precedenza il Commissario del Governo, prefetto Fulvio Testi, aveva consegnato le medaglie d’onore, conferite dalla Presidenza della Repubblica a cittadini, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti durante l’ultimo conflitto mondiale. Gli insigniti della medaglia d’onore a Bolzano sono stati Ruggero Bortoletto, Orazio Leonardi, Serafino Iellici, Bruno Mantovani e Giuseppe Rausa. - Alan Conti

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