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lunedì 22 febbraio 2010

Crescono i precari, sono 5 mila. Età media 43 anni


Alto Adige — 21 febbraio 2010 pagina 16 sezione: CRONACA

BOLZANO. In due anni sono 12.000 i lavoratori in Alto Adige che hanno sottoscritto complessivamente più di 18.000 contratti a progetto, con una durata media di appena 16 mesi. Nel 2009 il lavoro a progetto ha superato la soglia dei 4.800 occupati, includendo tutte le tipologie di contratti subordinati. Un fenomeno in forte crescita. I dati vengono snocciolati durante il congresso del sindacato Cgil-Nidil, formatosi appositamente per le nuove identità lavorative, tenutosi ieri alla Cgil di via Roma. E’ stata proprio la categoria dei più precari, quindi, a inaugurare il calendario dei congressi del sindacato che si chiuderà l’11 e il 12 marzo con l’assemblea generale e l’intervento del segretario nazionale Guglielmo Epifani. Rieletta, intanto, Silvia Grinzato alla carica di coordinatrice provinciale dopo una relazione focalizzata anche sugli effetti della crisi sui lavoratori a progetto. I dati, ricavati dalla Ripartizione Lavoro della Provincia, portano alla luce altri interessanti fenomeni del mondo del precariato altoatesino. L’età media dei contratti a progetto, per esempio, non è propriamente quella giovanile dato che si attesta sui 43 anni, addirittura più alta del lavoratore dipendente, mentre tra i parasubordinati è forte la presenza di ultrasessantenni. Non solo, mediamente gli uomini riescono a spuntare collaborazioni di un anno e cinque mesi contro l’anno delle donne. Il settore più investito dal fenomeno è senz’altro quello pubblico con il 52% di lavoratori, di cui addirittura il 36% da ascrivere all’istruzione. A condizionare la statistica, infatti, concorrono i docenti e ricercatori occupati nell’ateneo, nella scuola e negli enti privati. L’11% dei precari lo troviamo nell’amministrazione pubblica, più che altro nei settori dell’assistenza all’infanzia e ai disabili, mentre il 9% nel commercio tra venditori e agenti di commercio. Una tendenza che sta lentamente soppiantando il lavoro fisso dato che il 4% dei nuovi contratti hanno occupato il posto di rapporti precedentemente a tempo indeterminato. «Un mondo atomizzato e variegato - spiega Silvia Grinzato - che mette in discussione la sopravvivenza stessa del sindacato come lo conosciamo adesso. La crisi ha letteralmente stravolto il settore dei contratti a progetto perché la contrazione dell’occupazione ha portato a scadenza le collaborazioni, senza alcun rinnovo da parte dei datori di lavoro. Si tratta di una massa di persone che, non ricevendo ammortizzatori sociali, non vengono nemmeno conteggiati tra i licenziamenti». Diverse, quindi, le sfide che il sindacato dovrà affrontare: «Aprire negoziati prima di tutto con ateneo e sanità, ma anche controllare che la ripresa non comporti un aumento massiccio di queste forme lavorative». Christine Pichler della sezione agricoltura della Cgil amplia lo spettro: «Anche nel nostro mondo si tratta di un rapporto di lavoro diffuso che rende i dipendenti ricattabili e con pochissime garanzie». - Alan Conti

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