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mercoledì 24 febbraio 2010

Ubriachi a 11 anni...


In Italia sono i ragazzini altoatesini quelli più attratti dall’alcol, ma i divieti, secondo l’amministrazione, servono a poco e i bar devono poter essere liberi di fare le loro offerte commerciali. Presentati ieri in conferenza stampa i dati di uno studio della Onlus bolzanini Siipac (Società italiana patologie compulsive) guidata da Cesare Guerreschi e conosciuta in tutto il Paese. Numeri che fotografano una realtà preoccupante nella fascia d’età tra gli 11-13 anni, quando in provincia di Bolzano si manifestano le prime sbronze. Ragazzini, a volte poco più che bambini, che si avvicinano con disinvoltura al classico bicchiere in più: un fenomeno che non può far correre il pensiero all’iniziativa carnevalesca del bar “Heidi”, dove la birra fu offerta a prezzi stracciati.
Il 76,3% dei giovanissimi (tutti i dati sono riferiti all’intervallo d’età 11-13) altoatesini ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno: praticamente solo uno su cinque non ha assaggiato l’alcol. Una quota che sale all’84,2% per i maschi e si attesta al 68,6% tra le femmine. Nessuno, in Italia, presenta cifre simili visto che al Nord Ovest il totale è di 70,7%, 73% al Nord Est e solo 59,6% nelle Isole. Un atteggiamento figlio di una forte cultura enologica a tavola? Niente di tutto questo dato che la nostra provincia supera tutti pure negli alcolici consumati fuori pasto. L’11,8% dei ragazzi, infatti, beve lontano da pranzi e cene, addirittura il 19,8% tra i maschi e il 4,1% tra le giovani donne. Solo il dato del Nord-Est, cui peraltro contribuiamo, si avvicina con il 10,8% del totale, mentre siamo di nuovo lontanissimi dal 4,1% registrato al Sud. Il vero tarlo, però, è senz’altro il binge drinking, ovvero l’assunzione di sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione: in breve, la più classica delle sbornie. Il 19,9% dei nostri ragazzini lo ha provato negli ultimi anni, più del doppio del dato del Nord-Est, fermo a 10,6%, e lontano anni luce dallo 6,1% delle Isole. Nel dettaglio, il binge drinking coinvolge il 30,3% dei maschi e il 9,9% delle femmine, anche qui i valori più alti della Penisola. Solo nelle unità alcoliche consumate quotidianamente l’Alto Adige presenta dati più bassi delle altre zone d’Italia: dalle una alle quattro unità di alcol, sia tra i maschi sia tra le femmine, nessun dato è particolarmente allarmante. I ragazzini, quindi, non sono alcolisti, ma amano concedersi sballi pesanti una volta ogni tanto. “A quell’età – spiega Guerreschi – anche solo la sbornia periodica ha effetti devastanti e ogni singolo episodio brucia dai 12 ai 15 milioni di cellule neuronali. Non solo, si possono avere blocchi dello sviluppo del sistema nervoso anche permanenti”.
“I dati – continua il professore – provengono dall’Istituto superiore della sanità e mostrano una realtà che deve far riflettere tutti: dai politici alle famiglie, passando per le scuole e tutte le agenzie educative. A fianco a strutture riabilitative che a Bolzano stanno lavorando bene, c’è la necessità di maggiore prevenzione e ci piacerebbe anche entrare nelle scuole primarie”. Un’offerta di bevande alcoliche a prezzi di saldo come quella carnevalesca del bar “Heidi” quanto può incidere sul processo di formazione di una cultura corretta nei confronti dell’alcol? “E’ devastante e deplorevole – il commento tranchant di Guerreschi – ma non penso che i divieti possano servire a molto. Sono passato per quel bar giovedì grasso e devo dire che i controlli degli esercenti, per quanto sbandierati, erano alquanto blandi”. Sulla questione interviene il sindaco Luigi Spagnolli: “Cercare di puntare sui divieti e le imposizioni, anziché sulla prevenzione, è il più classico degli errori delle democrazie occidentali. Questo deve entrare in testa anche a chi ci passa i soldi, come Provincia e Stato. Ricordiamoci, oltretutto, che i bar devono poter fare le offerte che ritengono più opportune perché si tratta di due regolamenti differenti. Non è la sanzione, comunque, a fare la differenza, bensì la cultura”. Evidentemente l’una esclude l’altra. Eloquente l’intervento finale del presidente del Teatro Cristallo Pio Fontana: “Cultura? Certo, ma cercare di portare sul palco spettacoli sul tema dell’alcol, per esempio, è davvero molto difficile perché si incontrano delle resistenze”. I dati, intanto, rimangono drammaticamente sul tavolo e quelli non sono uno scherzo di Carnevale.


L’OPINIONE DI GUERRESCHI
“Che ne dite se parliamo di alcol?”. E’ questo il titolo della pubblicazione del dottor Cesare Guerreschi, presidente e fondatore della Siipac, che con la forza dei numeri toglie il velo che copriva una realtà che molti immaginavano.
La provincia di Bolzano, purtroppo, vanta il preoccupante primato italiano di giovanissimi bevitori. Ragazzi, poco più che bambini, che tra Salorno e il Brennero hanno i primi approcci con le bevande alcoliche in età tenerissima. Dottor Guerreschi, che ne dice se parliamo di alcol in Alto Adige?
La diffusione dell’alcol nella fascia d’età 11-13 del nostro territorio è allarmante. Le cellule cerebrali, infatti, in quel periodo sono particolarmente sensibili e la loro fisiologia e naturale maturazione può venire facilmente alterata. L’alcol, infatti, è per i bambini una fionda che arriva in un lampo al cervello: è addirittura più penetrante di alcuni farmaci. Non si dovrebbe bere fino a 18 anni, Rita Levi Montalcini consigliava di aspettare i 26.
Qual è la forza magnetica che attrae i ragazzini al bicchiere?
L’alcol è un prodotto della socializzazione, si lega a occasioni speciali e l’ubriachezza è al contempo un rito di passaggio per l’età adulta e un deliberato o inconscio bisogno di infrangere le regole. Spesso nelle famiglie non si vieta del tutto, ma si invita a un consumo minimo: un atteggiamento sbagliato. Dobbiamo informare i ragazzi e costruire una nuova cultura.
Fin dalle scuole primarie…
Sembrerà esagerato, ma è così. A Roma lo stiamo già facendo con buoni risultati.
La scuola, però, non può essere l’unico ente coinvolto.
Infatti questi dati devono far riflettere anche i politici, il Comune, i religiosi. Tutti siamo responsabili e coinvolti. I nostri ragazzini, ricordiamolo, non sono alcolisti, ma bevitori occasionali e questo può alleggerire la percezione di pericolo, ma i rischi ci sono comunque. Senza considerare che la spesa sociale per i malati di alcol è enorme e si tratta di cifre che pesano sulle spalle di tutta la comunità.
In chiusura vale la pena ricordare i pericoli che si corrono con le ubriacature.
Il primo effetto colpisce i lobi frontali del cervello e diminuisce l’autocontrollo, la forza di volontà, la capacità di discernimento e attenzione. Poi si intaccano le abilità motorie e sensoriali e si fa fatica a parlare. Al terzo step cominciano le difficoltà visive, al quarto si compromette l’equilibrio, fino alla quinta fase dell’instabilità con stanchezza, tremori e vomito. Da lì si rischia di entrare nella fase finale dove l’onda alcolica raggiunge il tronco cerebrale e ci si mette in pericolo di vita. Ovvio che ci sono pure effetti a lungo termine come epatiti, gastriti, aritmie, traumi, danni al feto, reazioni con i farmaci e altre sostanze, depressione, ansia, tentati suicidi e insonnia, violenze e disgregazioni familiari, incidenti domestici, problemi di ordine pubblico e gravidanze indesiderate.

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