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martedì 11 maggio 2010

Echo and the Bunnymen: da Liverpool finale col botto


Upload chiuderà col botto, anzi due. Saranno le band degli "Echo and the Bunnymen" e "The Unkle", infatti, il piatto forte delle finali del festival in programma venerdì 18 e sabato 19 giugno al tendone del Talvera a Bolzano. Due gruppi di altissimo profilo, capaci negli anni di proporre costantemente musica di qualità e rinnovarsi. La scelta del direttore artistico Cristiano Godano si sposa alla perfezione con quella che è la filosofia del contest che punta a promuovere un concetto di musica che sia "artigianale" e curata fin dalla giovane età. Due band che creano un ideale proseguimento del concerto di Max Gazzè proposto nella serata conclusiva del festival 2009, dove l'importanza alla sperimentazione, al progetto e all'idea musicale venne prima di tutto. Oggi, dunque, vi presenteremo nel dettaglio gli "Echo and the Bunnymen", per poi ritrovarci domani alla scoperta degli "Unkle".
Le origini della band che calcherà il palco del Talvera venerdì 18 giugno alle 21 si nascondono in una delle città che ha fatto la storia della musica: Liverpool. In riva al Mersey, infatti, l'humus per le i miti di una generazione è tanto e fertile: dai Beatles alla curva Kop di Anfield, tutto nasce con i crismi della passione in una città che, anche nella musica "Will Never Walk Alone". Il leader degli "Echo and the Bunnymen" è Ian McCulloch, cantante dal carisma strabordante. Correva l'anno 1978, infatti, quando Ian decide, con i suoi nuovi compagni di avventura Iggy Velvets e Willi Sergeant, di pubblicare il primo bellissimo album intitolato "Crocodile". Nel 1981, con il secondo "Heaven Up Here" gli "Echo and the Bunnymen" prendono a picconate le classifiche inglesi e americane, cominciando quella scalata che li porterà in brevissimo tempo a diventare icone e riferimento per tutto il movimento musicale rock anglosassone. Tempi maturi, nel 1984, per il capolavoro "Ocean Rain", seguito, nel 1988, dal periodo più duro della band con l'abbandono di McCulloch e l'incidente con la moto che strappa il batterista Pete De Freitas alla vita. Il colpo è duro e devono passare sei anni prima che McCulloch torni a lavorare con il compagno Sergeant, ma nel 1994, tra un tour e l'altro, i due registrano gli album "Flowers" e "Siberia". Lentamente si affina il line-up attuale, che a Bolzano vedrà il batterista Simon Finley, il bassista Stephen Brennan, il chitarrista Gordy Goudie e il tastierista Paul Fleming. Nel settembre 2008, comunque, i Bunnymen vengono invitati a suonare alcuni brani orchestrali di "Ocean Rain" alla Royal Albert Hall di Londra e, poco dopo, registrano il sold out alla radio City Music Hall di New York e alla nuova Arena di Liverpool. A fine dicembre, invece, la band è attesa dall'ennesimo tour tra Londra, Dublino, Liverpool, Glasgow e Birmingham. Le recensioni parlano di "live mozzafiato, euforici e trascendentali", mentre esaltano le dolcezze e il romanticismo senza tempo in brani come The Killing Moon, Silver e Seven Seas. I bolzanini sanno cosa aspettarsi.
Nello spettacolo bolzanino il gruppo britannico proporrà i brani storici, ma presenterà al pubblico anche l'ultimo album intitolato "The Fountain", uscito in Italia nel 2009 per Audioglobe e prodotto dallo scozzese John McLaughin. Per i fedelissimi è con questa ultima fatica, l'undicesima della carriera, che la band torna ai livelli eccelsi espressi in "Porcupine" e "Ocean Rain". D'altronde tra i dieci brani proposti non mancano i riferimenti diretti dei due album storici datati 1983 e 1984. L'approccio iniziale, con la canzone "Think I Need It Too", è già marcatamente british-rock, screziato dal pop in stile Bowie delle seguenti "Proxy" e "Shroud of Turin". Il vero salto di qualità, però, sta nella coda e più precisamente nel brano conclusivo "The Idolness of God", dove la qualità musicale e tocca i livelli più eccelsi della sensibilità moderna, testimoniando attualmente la capacità dei Bunnymen di stare sempre al passo con l'evoluzione melodica, strumentale, ma anche sentimentale del mondo delle sette note. Un'autentica ballata che guarda dentro l'anima e rappresenta la vera faccia di questo album. Un progetto, "The Fountain", nato nel 2007 quando McCulloch cominciò a lavorare su nuove idee musicali con tre musicisti londinesi. "Finito il lavoro preliminare - le dichiarazioni di McCulloch - ho chiamato Will Sergeant perché avevo bisogno di lui per inserire in tutto questo il vero Bunnymen sound". Così al Parr Street Recording Studios di Liverpool i due cominciano a dar vita alla nuova creazione. "L'anno scorso - continua McCulloch - è stato uno spartiacque per i Bunnymen: come un Rinascimento. "The Fountain" e lo show di "Ocean Rain" rappresentano, per noi, una rinascita. Il brano The Idolness of God, per esempio, per la prima volta racconta veramente chi noi siamo e penso che nessun'altro possa cantarla, mentre in Shroud of Turin mi ritrovo faccia a faccia con Cristo e converso con lui: un modo diverso per pregare. L'idea, pensate un po', mi è venuta proprio in Italia, in un locale di Rimini chiamato Transilvania dove mi sono trovato di fronte a un ritratto di Gesù". Il sodalizio con il produttore McLaughlin ha delle basi importanti. "Cercavamo qualcuno che ci aiutasse di più nella limpidezza del suono e lui è tra i migliori per questo. Credo che "The Fountain sia il nostro lavoro migliore dopo Ocean Rain".
Una scelta, quella dei Bunnymen, che Cristiano Godano, frontman dei Marlene Kuntz e direttore artistico di Upload, ha fortemente supportato. "Ho sempre avuto molta simpatia per questa band del post-punk inglese con un gusto melodico sempre più raffinato. Il loro secondo disco "Heaven Up Here" lo divorai e fu il mio primo acquisto in vinile. Negli anni sono cresciuti bene e il cantante McCulloch ha un carisma straordinario quando è in forma. Nel loro capolavoro, Ocean Rain, c'è la canzone The Killing Moon inserita in ben 4 film internazionali, tra cui Donnie Darko, dove questo brano è proprio il leit motiv della colonna sonora. Molto riuscito e gradevole pure l'ultimo album The Fountain". Heavens Up Here, oltretutto, è inserito tra i 500 album migliori di sempre dalla rivista "Rolling Stone".
Sono davvero tantissime, comunque, le band che negli anni hanno ammesso esplicitamente di essersi ispirate agli "Echo and The Bunnymen". Si va dagli Oasis a Courtney Love, passando per Coldplay, Red Hot Chili Peppers, Flaming Lips, Dandy Warhols, Glasvegas e Killers. Una band, quindi, che ha lasciato una scia importante nella storia del rock inglese e mondiale e che, nel suo piccolo, si appresta a farlo anche a Bolzano.


Alan Conti
Per saperne di più:
www.bunnymen.com
www.dnaconcerti.com (informazioni al pubblico per concerti)

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