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sabato 29 maggio 2010

Quella pagina "controcorrente"


Alto Adige — 28 maggio 2010 pagina 39 sezione: SPETTACOLOCULTURA E SPETTACOLI

Contro corrente per dare una voce in più. E’ questo il destino storico della pagina in lingua tedesca che fino al 1999 faceva parte del quotidiano “Alto Adige” e che oggi viene raccontata in un libro edito da Raetia e intitolato, per l’appunto, “Contro corrente”. Eva Klein, storica caposervizio, e i redattori Renate Mumelter e Günther Pallaver sono gli autori di un volume che attraversa, nel profondo delle spaccature etniche e sociali, la storia della nostra terra dagli anni Sessanta al Duemila. Una testimonianza di un mondo tedesco meno granitico di quanto si possa credere dove, però, le voci contrarie trovavano spazio in quella che molti consideravano “la tana del nemico”. Nata nel 1958 come “Das Blatt für deutsche Leser” e pubblicata per l’ultima volta nel 1999 come “Deutsches Blatt” questa pagina negli anni non è stata solo un servizio alla comunità tedesca, ma ha rappresentato concretamente una voce alternativa alla comunicazione monolitica del quotidiano “Dolomiten”. Un’avventura editoriale raccolta oggi in 391 pagine di pura storia. Ieri la presentazione ufficiale di “Contro Corrente” nella sede del giornale “Alto Adige” per un tuffo nel passato, quando la trincea etnica era profonda e varcarla significava complicarsi la vita. ‹‹Nel 1962 entrai all’Alto Adige quasi per caso - racconta Eva Klein - grazie alla conoscenza di un tedesco molto pulito che avevo imparato nella natia Praga. Era un aspetto su cui il direttore di allora, Servilio Cavazzani, puntava molto. Il bilinguismo, in questo senso, fu determinante all’interno di un giornale che cominciava a volgere lo sguardo verso una dimensione interetnica››. Il battesimo, però, è di fuoco: ‹‹Era aprile e pochi mesi dopo ci sarebbe stata la famosa “Notte dei fuochi”: la situazione politica di questa terra era difficile e noi giovani leve del giornalismo ci trovavamo ad avere delle responsabilità pesanti. Lo stesso Benno Steiner, che mi precedette alla “Deutsches Blatt”, lavorava sotto scorta per essersi azzardato a scegliere una strada alternativa a quella imperante nel gruppo tedesco››. Klein, però, non è una giovane politicizzata: ‹‹Inizialmente non avevo molto interesse per la politica, è stato lavorando per il giornale che ho maturato delle convinzioni. La mia educazione, in un contesto di tensioni etniche come quello di Praga, mi permetteva di guardare alla realtà altoatesina con occhio esperto. Non ho mai amato l’eccessivo nazionalismo e l’esasperazione delle identità: ero già perfettamente in sintonia con il significato della nostra pagina››. I rapporti col mondo tedesco, però, restano difficili. ‹‹Il “Dolomiten” ci accusava di essere traditori al soldo del gruppo italiano, riflettendo una mentalità chiusa che caratterizzava la Svp in quel periodo. Il direttore Cavazzani, invece, da figlio del Trentino austriaco aveva una visione più aperta individuando nella Stella Alpina il grosso sbaglio di non aprirsi a una mentalità più europea. In questo senso anticipò la storia››. Sulle colonne del quotidiano targato “Athesia”, però, le bordate verso la “Deutsches Blatt” divennero prassi quotidiana: ‹‹Ci facevano una guerra a mezzo stampa perché noi davamo voce a chi non condivideva la loro linea. A essere sinceri persino gli Arbeitnehmer si rivolgevano a noi e, tra gli altri, il figlio di Mayr Nusser ci ha pubblicamente ringraziato per aver dato rilievo a suo padre. Tutte le accuse e le offese mi sono scivolate addosso, ma la sola cosa che mi faceva arrabbiare era quando Toni Ebner bollava il nostro tedesco come “brutto e inascoltabile”. Non mi andava giù››. Nel 1960 la frequenza della pagina tedesca è finalmente quotidiana e l’”Alto Adige” diventa palestra di giornalismo pure per il gruppo tedesco. ‹‹Tutti i giovani - conclude Klein - che avevano un orientamento più aperto o di sinistra si rivolgevano a noi. Sono tanti quelli che poi hanno fatto strada, da Florian Kronbichler a Richard Gasser, passando per gli stessi Renate Mumelter e Günther Pallaver, oggi apprezzato politologo››. E’ proprio Renate Mumelter, che oggi lavora all’ufficio stampa comunale, a continuare il racconto della “Deutsches Blatt” negli anni più recenti. ‹‹Quella pagina ha avuto un senso finchè ha rappresentato una voce alternativa. Con la nascita di altre pubblicazioni come “Ff” o “Tageszeitung” ha perso di significato. Certo, è vero che in parte era uno specchio per capire l’orientamento dei tedeschi più vicini al mondo italiano, ma era un aspetto secondario››. Klein e Mumelter, però, sono esempi di un giornalismo al femminile che ancora non era comune qualche decennio fa. ‹‹Più che la presenza di donne - conclude Mumelter - sono le tematiche trattate che hanno portato una novità nel mondo dell’informazione. L’apertura del consultorio Aied e la nascita della Commissione Pari Opportunità in Provincia, per esempio, sono battaglie che questa pagina, e il giornale con lei, ha portato avanti e vinto, nonostante le correnti contrarie››. Ancora una volta, come tutta la storia di una pagina unica nel mondo della comunicazione italiana e tedesca, un successo che va contro corrente. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti

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