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domenica 6 febbraio 2011

I nipoti di Piffrader: amareggiati dalle polemiche


BOLZANO. «Nostro nonno non era un fascista, ma semplicemente un artista che utilizzava le sue capacità scultoree per vivere assecondando, chiaramente, le volontà del committente». Parola di Alfredo e Giampaolo Morlacchi, nipoti di Hans Piffrader. Il primo è un insegnante di educazione fisica in pensione, mentre il secondo segue la linea artistica familiare occupandosi di artigianato tirolese. «Siamo amareggiati da tutta questa diatriba politica. Siamo molto legati affettivamente al frontone di piazza Tribunale. Dobbiamo considerare il bassorilievo anche per la sua conformazione e qualità artistica, non solo secondo le etichette ideologiche. La storia è storia e le testimonianza non vanno nascoste: non perdiamo l'opportunità che nostro nonno ha lasciato alla città di Bolzano». Piffrader, però, con Mussolini strinse un rapporto continuativo, tanto da essere premiato direttamente dal duce. «Vero, però per lavorare non era così strano accettare commissioni dal regime. La cerchia artistica altoatesina dell'epoca conta moltissime altre esperienze simili e lo stesso ambiente culturale, di cui mio nonno faceva senz'altro parte, non giudicava deprecabile un simile comportamento. Da qui ad affermare che ci fosse un'aderenza ideologica al fascismo ne passa...». Già perché, stando alle testimonianze familiari, il bassorilievo non fu affatto una passeggiata per l'autore. «Fu un lavoro che lo affaticò talmente tanto da risultare l'ultimo della sua carriera. La realizzazione del frontone causò nel nonno un acceso conflitto interiore: non la prese certamente a cuor leggero». (a.c.)
4 febbraio 2011

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