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mercoledì 23 marzo 2011

Ragazzi down, dopo la scuola c’è il vuoto


22 marzo 2011 — pagina 17 sezione: Cronaca

BOLZANO. Nella giornata mondiale delle persone affette da sindrome di down Fabiana Molterer racconta le difficoltà di prospettive future del suo ragazzo, Francesco, che frequenta l’ultimo anno delle superiori. «Abbiamo chiesto a varie aziende, ci siamo rivolti ai laboratori protetti e abbiamo interpellato il settore pubblico: per ora nessuna risposta. Da una parte la crisi economica che taglia le possibilità e dall’altra le liste d’attesa di chi è senza lavoro non danno speranze». Fabiana - membro dell’associazione “Genitori di persone in situazioni di handicap” - parla con schiettezza. «Non voglio vedere la realtà per quella che non è ma ritengo che anche le persone affette da sindrome di down abbiano diritto ad un progetto di vita, ad una professione e ad una soddisfazione personale. Mio figlio, per esempio, ama la natura e sogna un impiego in un agriturismo ed io sto tentando in tutti i modi di aiutarlo a trovare la sua strada».
Il presidente dell’associazione Hansjörg Elsler spiega che il problema è importante: «Siamo di fronte ad una problematica che sempre più si diffonde nella nostra realtà e ne troviamo riscontro pure dai racconti dei nostri 700 soci. Non chiediamo corsie preferenziali ma garanzia per tutte le persone, conforme al proprio handicap, di poter trovare una collocazione legittima in Alto Adige nel mondo del lavoro». «Il sostegno del nostro sistema scuola - riprende Fabiana Molterer - è positivo. I problemi nei primi gradi della scuola primaria e delle medie sono pochi ma la questione cambia con il passaggio alle superiori. È lì, infatti, che il gap con il resto della classe comincia a demarcarsi e i nostri ragazzi sono costretti quasi sempre alle aule di sostegno. Alla luce di questo, oltretutto, non fa certo piacere ascoltare e riscontrare volontà di tagli nel settore dell’aiuto con relative, legittime, preoccupazioni dei dirigenti scolastici. Non è un problema di qualità, ma di risorse». La giornata mondiale delle persone con sindrome di down è anche occasione per immergersi nella vita non facile di chi ne è affetto.
Ma quali sono le emozioni di crescere un bambino down? «Sono contenta di poterlo raccontare senza troppe pacche sulle spalle perché Francesco è per me la possibilità di vivere appieno e nel profondo il significato di maternità. Francesco è il più giovane di tre fratelli che ho cresciuto allo stesso modo. Con il passare degli anni, poi, si tende a dimenticare la disabilità e a considerare solo le singole necessità del proprio figlio, come avviene per qualsiasi altro ragazzo “normale”. Certo la differenza sostanziale è che la prospettiva di maternità con Francesco non finirà mai. So che gli altri figli ad un certo punto taglieranno il cordone ombelicale ed andranno per la loro strada e so invece che Francesco avrà sempre bisogno di un sostegno. Dovrò sempre essere al suo fianco per aiutarlo e sostenerlo. Dargli una mano a trovargli un lavoro significherebbe incamminare lui e tutti quelli come lui sul percorso dell’autonomia. Di pari passo con i propri coetanei. E tutto questo è di per sé una conquista di proporzioni straordinarie». (a.c.)

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