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venerdì 26 agosto 2011

Frutta e verdura: due terzi del prezzo sono per la filiera


Due terzi dei soldi spesi per la frutta e la verdura ai banchi del mercato e metà di quelli pagati alle casse del supermercato servono esclusivamente a pagare la filiera. E' questo il dato più preoccupante messo in luce dalla rilevazione condotta da Luca Marcon per il Centro Tutela Consumatori Utenti che ha comparato i prezzi di supermercati, discount e mercati su un paniere di 26 prodotti di frutta e verdura. La differenza tra prezzo all'ingrosso e cartellino rivolto al consumatore, insomma, è davvero consistente e per dimostrarlo il Ctcu è partito da un assortimento vario dal costo di 20 euro al supermercato. Bene, lo stesso paniere si porta a casa al Mercato Generale di Verona con soli 10,10 euro, mentre in via Rovigo comporterebbe un esborso di 32,94 euro e 32,18 in piazza Erbe. Nel tragitto tra il Veneto e le bancarelle dell'Alto Adige, insomma, i prodotti hanno praticamente triplicato il loro costo ed è proprio in questo meccanismo che si annidano le cause di un costo della vita particolarmente alto. "Difficile darne una spiegazione univoca - spiega il curatore della rilevazione Marcon - ma credo non si vada lontano puntando il dito contro i troppi passaggi necessari agli ortaggi prima di arrivare al cliente finale. Un proprietario di un banco al mercato, per intenderci, difficilmente può andare la mattina all'alba a Verona, quindi si affida probabilmente all'ingrosso bolzanino che già per conto suo effettua una prima scrematura e applica, chiaramente, un balzello di guadagno. Ecco, il numero di questi passaggi è probabilmente troppo alto, ma è arduo pensare a una mossa di sistema che possa abbatterlo. Ci sono, comunque, commercianti come "I Siciliani" che spesso vanno la mattina presto a Verona, ma sono scelte legate alla libera concorrenza e demandate al mercato". Resta, comunque, un altro dato di fatto significativo: il mercato costa molto più che la grande distribuzione. I finocchi, per esempio, vengono offerti a 0,39 euro al chilo all'hard discount mentre in via Rovigo si impennano a 3,05, mentre i meloni toccano quota 2,27 in piazza Erbe quando sempre al discount non superano la soglia del singolo euro. La difformità di prezzo, talvolta, arriva persino al 100 o 200%, il che significa crudamente il doppio o il triplo. "Bisogna considerare, però, che non sempre qualità e provenienza sono comparabili. Non solo, chiaramente l'operatore del mercato non può competere con i mezzi e le quantità di prodotti trattati dalle grandi catene. Alla luce di questo, comunque, va consigliata agli operatori del mercato la scelta di una strada che li differenzi dalla grande distribuzione. Il potenziamento del prodotto locale in piazza Erbe, per esempio, potrebbe essere significativo in questo senso". I dati, non a caso, dimostrano che in via Rovigo il 98% delle merce è di prima qualità e solo il 2% di seconda, mentre al discount i valori si specchiano con il 92% di seconda e solo l'8% di prima. Simile, a sorpresa, la preferenza per l'origine italiana al 91% al mercato e all'80% nel supermercato a basso costo. Quanto contano, però, nel concreto della compravendita questi aspetti? "Ultimamente l'allarme legato al batteria E.Coli ha acceso l'interesse dei consumatori attorno alla provenienza, mentre la qualità resta ancora poco considerata, pur essendo uno degli aspetti che più influisce sul prezzo. Il singolo cliente, però, tende ancora a seguire maggiormente l'abitudine negli acquisti e non sempre confronta analiticamente i vari prezzi. E' un meccanismo abbastanza noto ai grandi supermercati che non a caso spingono molto sulle offerte. Il cresciuto interesse verso le origini dei prodotti, però, ha determinato una progressiva e positiva regolarizzazione dei cartellini al mercato". I dati, infatti, dimostrano che il 95% dei prezzi esposti in via Rovigo (288 su 275) e l'87% di quelli di piazza Erbe (215 su 248) sono completi di tutte le informazioni imposte dalla normativa. Attenzione, infine, ai falsi amici perchè l'analisi di un discount specializzato come il "Frilo" ha portato ad alcune sorprese. "Già in passato - conclude Marcon - avevamo avuto il sentore che i prezzi potessero essere più alti rispetto a quelli praticati da un hard discount. Scorporando il dato, quindi, è diventato evidente che la "Frilo" non si discosta molto dai valori registrati nei supermercati dei marchi più noti".
Alan Conti

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