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mercoledì 31 agosto 2011

"Sezioni bilingui, la Lub sforni i docenti"


Alla scuola bilingue deve lavorare anche l'Università. È questo il caloroso invito che si alza a margine del convegno sul plurilinguismo "Un mare di lingue" organizzato nelle giornate di ieri e oggi dalle tre intendenze scolastiche provinciali al centro congressi dell'hotel Sheraton. Accademici e tecnici della scuola, quindi, volgono lo sguardo verso il mondo della Lub, con particolare attenzione per la brissinese scienze della formazione, invitando l'ateneo a formare docenti specialisti in Clil, quindi pronti ad affrontare l'insegnamento veicolare delle diverse materie. Formare semplicemente docenti per la scuola italiana, tedesca o di lingua, infatti, potrebbe non bastare più e la separazione dei corsi nei due gruppi linguistici attuata nella facoltà corre a breve il rischio dell'anacronismo. Nessuna aperta scudisciata, comunque, ma tanti piccoli inviti a introdurre modifiche sostanziali all'inizio dell'ipotetica catena della scuola bilingue ovvero la fucina dei futuri insegnanti. Il tutto mentre il potenziamento bilingue comincia a sollevare qualche timore tra i docenti italiani, preoccupati per i livelli d'occupazione e la mancata simmetria negli istituti tedeschi.
"Questo nuovo profilo di insegnanti - spiega Rita Franceschini, ex rettore della Lub e oggi direttrice del centro competenza lingue dell'ateneo - è un campo su cui bisogna ancora lavorare molto. Stiamo, quindi, avviando una profonda riflessione". Nel suo intervento durante il convegno, intanto, Franceschini enuncia le caratteristiche fondamentali che dovranno avere questi nuovi docenti: "E' importante che siano dotate di una particolare sensibilità culturale, che conoscano bene la lingua dell'altro gruppo e che presentino delle buone capacità didattiche". Marco Mariani, ispettore scolastico per l'italiano nella scuola tedesca, non ha dubbi: "Il metodo che sta alla base delle sezioni bilingui è essenzialmente il Clil che presuppone capacità differenti dai docenti di lingua. Servono, quindi, dei disciplinaristi che sappiano trasmettere le proprie conoscenze nella lingua diversa da quella della classe e qui l'Università deve contribuire a formare questi professionisti". I sindacalisti italiani, intanto, chiamano la scuola tedesca a un maggior interesse verso le sezioni bilingui, se non altro per una mera questione di offerta di posti di lavoro. "La sensibilità c'è già e non dimentichiamo come l'insegnamento veicolare sia arrivato prima nelle aule tedesche rispetto a quelle italiane. I professori di diritto, per esempio, usano i codici italiani quindi seguono esattamente il metodo Clil, ma anche qui si tratta di abilità affinate dai docenti con l'esperienza ma non formate in ambito accademico". Le preoccupazioni occupazionali, però, sarebbero meno accentuate in caso di simmetria sistematica del potenziamento bilingue anche negli istituti coordinati dall'Intendenza tedesca. "Queste - si sfila Mariani - sono scelte e considerazioni politiche che non sono di mia competenza. A titolo personale ritengo che una sezione bilingue avrebbe motivo di esistere qualora l'esperienza di scambio di studenti in quarta superiore diventasse troppo richiesta. Un conto, infatti, è spostare due o tre elementi in un contesto di lingua differente, un altro trapiantare gruppi numerosi che altererebbero l'organizzazione della scuola ricevente e richiederebbero, anche come conseguenza necessaria allo scopo del progetto, un percorso di didattica bilingue".
Alla sensazione di una Lub capace di battere bandiera del plurilinguismo ovunque meno che nella cabina di regia della scuola replica il prorettore Hans Drumbl. "Scienze della formazione, passata a 5 anni, sta già cambiando. Dal punto di vista linguistico, per esempio, abbiamo alzato la soglia di competenza richiesta alla fine del ciclo di studi al livello C1 del quadro di riferimento europeo. I nostri laureati, insomma, possono tranquillamente superare il patentino senza tanti patemi. Il passaggio da un ramo linguistico all'altro della facoltà, invece, è sempre stato possibile, ma in pochi ne usufruiscono: cercheremo di incentivarlo". Attenzione, in conclusione, a non schiacciare tutte le altre materie sotto il dibattito sul bilinguismo: "Non possiamo - conclude Drumbl - correre il rischio di perdere di vista la qualità della didattica di tutte le altre discipline. Non è corretto nemmeno giudicare le scuole solo in base alle sperimentazioni linguistiche che portano avanti".
Alan Conti

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