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venerdì 25 novembre 2011

Cambia il clima: più caldo e meno acqua


E' un mondo che si scalda e anche l'Alto Adige fa la sua parte

BOLZANO. Un grado e mezzo negli ultimi trent’anni, due nel giro di un secolo e per il 2050 previsto un aumento della temperatura media annuale in Alto Adige tra gli 1,2 i 2,7 gradi centigradi. Il termometro dei cambiamenti climatici in provincia corre verso l’alto e lo fa a un ritmo doppio rispetto alla media europea costringendo tutti a riflessioni e contromisure. Riscaldamento e diminuzione delle risorse idriche sono i due temi portanti del “Rapporto sul clima-Alto Adige” presentato ieri all’Eurac e curato in tre anni da quattro differenti istituti dell’Accademia Europea. Un quadro che, seppur non catastrofico, costringerà territorio, società, economia e politica a delle contromisure che potrebbero cambiare le abitudini di tutti. Le condizioni autunnali che già adesso impediscono l’apertura della stagione sciistica in molti impianti, per esempio, appaiono come il più classico dei presagi.
GAS SERRA. Accennate le principali conseguenze in termini di aumento della temperatura, l’esperto Marc Zebisch dell’Eurac comincia la trattazione concentrandosi sulle cause. "Le emissioni di gas serra sono aumentate negli ultimi 150 anni del 70% e provengono per 2/3 da trasporti, energia, industria e necessità domestiche e 1/3 dalle attività agricole e forestali". La sola Bolzano, comunque, presenta un dato piuttosto lodevole con un totale di 9,72 tonnellate di CO2 emessa a fronte di una produzione massima pro capite fissata dalla UE in 2 tonnellate.
CONSEGUENZE DEI CAMBIAMENTI. L’Alto Adige è, per la sua conformazione geografica, territorio piuttosto vulnerabile alle modifiche delle condizioni climatiche. L’incrocio di caldo e meno disponibilità d’acqua, quindi, produrrà una sequela di fenomeni preoccupanti. Previsto il progressivo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost, l’innalzamento del limite della neve, la diminuzione delle precipitazioni nevose in favore di quelle piovose, l’aumento del pericolo di frane, più piogge intense, modificazioni nella varietà di alcune specie, esondazioni, stagioni di crescita più lunghe e una maggiore resistenza di alcuni organismi nocivi. Variazioni che intrecciandosi disegnano scenari diversi per la salute e il futuro di vari settori produttivi.
LA SALUTE. La maggiore siccità comporta l’aumento di stress da caldo, con particolare preoccupazioni per le fasce deboli  come anziani e malati. Un dato significativo indica il sensibile aumento delle notti tropicali (con temperatura costantemente sopra i 20 gradi) dalle 5 contate nel 1995 alle 20 dell’anno passato. Un clima simile, inoltre, è una sorta di “bengodi” per insetti e parassiti vettori di malattie come le zecche o le zanzare tigre, non a caso moltiplicatesi nella scorsa estate. Importante il ruolo dell’urbanistica nel predisporre aree verdi nelle città.
TURISMO. Tutto ruota attorno alla neve che rischia di diventare sempre più merce rara, specie se naturale. Non va dimenticato, comunque, che i cannoni necessitano di grandi quantità di acqua sempre più difficili da reperire. Le garanzie di innevamento, specialmente negli impianti ad altitudine inferiore ai 1800 metri, non saranno più le stesse e diventerà così decisivo orientarsi nel potenziare il turismo estivo che indirettamente potrebbe avvantaggiarsi dell’aumento delle temperature roventi nei centri urbani.
GESTIONE RISORSE IDRICHE E PERICOLI NATURALI. Il punto fermo è che la disponibilità di acqua andrà calando innescando potenziali conflitti tra chi la usa per produrre energia, innevare le piste, irrigare i campi o semplicemente come servizio domestico ai cittadini. Centrale, dunque, l’organizzazione dei bacini dove il Rapporto esprime una chiara preferenza per le falde freatiche rispetto ai bacini superficiali più sensibili alle mutazioni delle precipitazioni. Difficile, invece, prevedere l’andamento tendenziale delle piogge, ma quel che appare certo è l’aumentare di fenomeni intensi, con annessi pericoli come alluvioni e frane. Prevenzione, pianificazione dello sviluppo infrastrutturale e sistemi efficaci di allerta le contromisure auspicate. Nessun legame, invece, tra le variazioni climatiche e i fenomeni di grandine.
AGRICOLTURA E BOSCHI. "Fioritura e maturazione anticipate – spiega il ricercatore Georg Niedrist nella sua sezione – sono già evidenti, ma l’Alto Adige ha buone capacità di reazione. Una sperimentazione condotta in val Mezia con trapianto di zolle di prato su un terreno 500 metri più basso e 3,5 gradi più caldo, per esempio, ha mostrato un aumento di produttività. Il riscaldamento, inoltre, potrebbe favorire il foraggio, mentre costante attenzione va posta al proliferare dei parassiti, alcuni arrivati perché trasportati da noi e non per le variazioni climatiche. Ci si può cautelare con una scelta ponderata delle colture e l’istituzione di una banca dati sui danni prodotti proprio dai cambiamenti". L’aumento di C02, invece, potrebbe favorire l’aumento dei boschi, ma il caldo costringe a rivolgersi a specie più resistenti come le latifoglie anziché i tradizionali abeti rossi. Cautela sul versante incendi.
COSA FARE? Gli esperti dell’Eurac non si risparmiano, in chiusura, una frecciatina alla Provincia che ha finanziato in larga misura il Rapporto. "A livello tecnico - si legge nelle conclusioni – l’Alto Adige è all’avanguardia, ma sul piano politico-istituzionale mancano misure e strategie multisettoriali specifiche che si occupino dei cambiamenti climatici. Bisogna porsi l’obiettivo dell’introduzione di un piano di azione trasversale e la nomina di un rappresentante ufficiale, trattasi di un ufficio o di una nuova ripartizione".
IL RAPPORTO: “Il Rapporto sul clima-Alto Adige” è una pubblicazione curata da quattro istituti dell’Eurac e finanziata dalla Provincia. Al progetto triennale hanno partecipato l’Istituto Telerilevamento Applicato, per l’Ambiente Alpino, per lo Sviluppo Regionale, il Management del Territorio e il Management Pubblico. Frequenti gli interventi di esperti del settore. Il volume di 106 pagine può essere ordinato gratuitamente scrivendo apress@eurac.edu o chiamando lo 0471/055033. Sul sito www.eurac.edu/cambiamenticlimatici è possibile, invece, scaricare la versione on line. 
Alan Conti


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