Cerca nel blog

venerdì 20 aprile 2012

Vicari: "Diaz, il mio film dalle domande violente"


Una dura scena del film che ripercorre la cronaca del G8

Il regista della pellicola sui fatti nella scuola di Genova racconta "una vicenda che ha cambiato l'Italia". Alcune scene girate in provincia: "L'Alto Adige non può limitarsi a spot turistici, è la strada giusta"

BOLZANO. Ti sbatte in faccia delle domande costringendoti ad accettare o rifiutare la lettura di una cronaca violenta. È questa la forza del film "Diaz-Don’t clean this blood” firmato dal reatino Daniele Vicari e finanziato in parte dalla Bls che ieri ha aperto la rassegna- concorso "Bolzano Cinema" al Filmclub di via Streiter. Durante la proiezione presente in sala, il regista, accompagnato dal co-sceneggiatore Alessandro Bandinelli, ci racconta la pellicola di una Genova ferita che ha cambiato l'Italia."Diaz" scuote l'animo e, sopratutto tra i giovani, sta riscuotendo un grande successo. 

Critiche ed elogi sono comunque intensi. Colpisce.
"È la sua natura: pone delle domande cui solo il singolo sa rispondere. È possibile che in un paese democratico accada che le forze dell'ordine picchino a sangue e ledano i diritti di persone che manifestano un'idea ponendo problemi seri? Le nuove generazioni, che oggi si avviano alla governance, hanno conosciuto in questa occasione la sospensione dello Stato di diritto".

Su Twitter basta digitare "#Diaz" per essere sommersi da centinaia riflessioni. Sorpresi?
"In parte. Abbiamo davvero cercato di colpire violentemente l'emotività dello spettatore innestando questo su un panorama di cronaca reale. Dentro "Diaz" ci sono molti generi cinematografici e attori importanti che hanno deciso di inserirsi in un lavoro corale, anche rinunciando al protagonismo che qualcuno potrebbe pure pretendere. È stato un bel segnale per tutti".

Sulla vicenda delle violenze nella scuola Diaz e Bolzaneto i numeri della cronaca sono impressionanti:270 udienze, 28 imputati, 93 parti lese e una quarantina di avvocati coinvolti. Come ci si muove tra tanta documentazione, a volte anche contraddittoria?
"Il lavoro di ricerca preliminare è stato lungo e faticoso: ci ha impegnato in quattro per un anno e mezzo. I resoconti delle vittime, comunque, presentano analogie in molti passaggi: questo ci ha permesso di creare un pattern aderente alla realtà su cui innestare le emozioni dei personaggi".

Una parte del film (che sarà proiettato stasera alle 19, sempre al Capitol) è stata girata tra Vipiteno, A22 e Fortezza. Bls vi ha fornito un finanziamento importante: quanto Alto Adige c'è nella pellicola?
"Il giusto perché comunque la storia ci avrebbe portato a girare da voi. Non ci sono state forzature dovute al finanziamento, che comunque è stato importantissimo e ci ha permesso di non sentirci mai soli nel raccontare una storia così importante per l'Italia di oggi".

A livello politico, però, qualcuno ha storto il naso per il mancato ritorno turistico-pubblicitario.
"Pensare di limitarsi a produzioni che siano spot di promozione sarebbe una condanna limitante. Secondo gli accordi, comunque, abbiamo speso il 150% del finanziamento sul territorio e una troupe di 100 persone porta inevitabilmente ricchezza. Soldi a parte, credo che in ogni caso un riconoscimento come quello che abbiamo ottenuto al prestigioso festival di Berlino sia già di per sè una splendida cassa di risonanza per l'Alto Adige. Le persone e le comparse reclutate da voi, inoltre, si sono tutte comportate egregiamente".

All'uscita dalla sala volti contriti, qualcuno ammette una lacrima, altri distillano rabbia. E’ quello che cercavate?
"Sì, volevamo delle reazioni perché in quella scuola è cambiata l’Italia".
Alan Conti 

Nessun commento:

Posta un commento