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giovedì 15 agosto 2013

Delpero, il dramma in due ore e la polizia piange il suo ispettore

Due ore interminabili hanno spazzato via il sorriso montanaro di Walter Depero, 53enne ispettore capo della Digos, che ieri è stato colpito da una scarica di massi alla testa sul monte Lovello in Valle Aurina, esattamente dove Italia e Austria si guardano negli occhi. Due ore che emergono dalle ricostruzioni più dettagliate del dramma consumato ieri. In mattinata Depero decide di incamminasi da San Giovanni per la salita in quota fino ai 3.380 metri del Monte Lovello: sei ore di camminata. Con lui la moglie Hannelore e il figlio di lei, appena 17enne, a cui era legato da un affettuoso rapporto. Alle 11.30, però, a un centinaio di metri dalla vetta il poliziotto pare perdere l’appiglio scivolando e innescando una frana con un fronte tra i 5 e i 10 metri: alcuni sassi lo colpiscono alla testa e le condizioni paiono subito gravissime. Immediata la chiamata all’elisoccorso che data la gravità della situazione fila diretto verso l’incidente senza caricare gli uomini del Soccorso Alpino. Sul monte, intanto, la nebbia è un blocco fitto e per calare un soccorritore occorrono due tentativi e al momento di riportare sul mezzo ferito e operatore tutto si complica e il Pelikan 2 non ce la fa. Deve lasciare il piccolo gruppo sul monte: figlio, compagna, soccorritore e Walter che lotta contro la morte. Le condizioni migliorano solo 120 minuti dopo, ma Depero ha già reso le armi. Gli uomini del Soccorso Alpino, infatti, risalgono il monte partendo solo da 500 metri più in basso dove ha potuto lasciarli l’elicottero. Solo dopo altre due ore, alle 16, si riesce  a riportare a valle la compagna e il figlio talmente travolti dallo shock che per lungo tempo non riescono a fornire le generalità di Walter che con sé non aveva documenti. Nulla da fare, invece, per il corpo che è stato lasciato in quota la notte per recuperarlo oggi. A Bolzano lascia la madre e un fratelloi. In Questura arriva il ricordo dei colleghi e il fiato spezzato per una delle memorie storiche della questura del capoluogo: dall’85, infatti, curava i rapporti con il mondo tedesco date le sue origini in valle Aurina. Schuetzen, destra tedesca, associazioni ed enti di quell’area politica lo rispettavano e stimavano come referente Digos. Un uomo di raccordo e del dialogo che amava la sua terra: perderlo non fa male solo a chi lo conosceva, fa male a tutto l’Alto Adige.
Alan Conti 

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