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lunedì 9 settembre 2013

Referendum e petizioni, ormai è moda

La politica torni ai cittadini, si ascolti il territorio, si presti maggiore attenzione al mandato elettorale. L'ondata di critica alla casta ha portato come riflesso a lunga gittata una complessiva ricerca di base da parte delle forze politiche anche a livello provinciale. Una tendenza che sta esplodendo in modo evidente all'alba di questa campagna elettorale. Fin dai primi giorni, infatti, assistiamo a una grandinata di petizioni fiorir di referendum di varia natura: dal popolare al virtuale. A cavallo di temi di grande attualità, oggettivamente, ci rinunciano in pochissimi. Gli ultimissimi, in meno di una settimana, sono riferiti all’autodeterminazione con Suedtiroler Freiheit, ai bidoncini con Alto Adige nel cuore e Team Artioli, ma se ne è parlato anche per la funivia della Plose a Bressanone e per il bosco di sopra Appiano. Gli ultimi due casi, peraltro, sono la conferma delle origini dato che in larga parte petizioni e referendum sono storica arma di movimenti ambientalisti o animalisti. L’elemento di novità, se vogliamo, è la differenziazione per modalità tra cui, probabilmente, spiccano per originalità le palle colorate di Alto Adige nel cuore presentate la prima volta sul tema sicurezza a Don Bosco e riproposte sulla vicenda Pascoli e sistema rifiuti. Più classica la strada di Artioli con la raccolta firme che si pone il referendum, quello autentico, come fine. C’è poi il vaso di Pandora del web con la consultazione sull’autodeterminazione di Suedtiroler Freiheit che ha mostrato tutti i limiti di una simile strada. Alto grado di coinvolgimento bassissimo di credibilità, tanto da essere ritirato. Le stesse primarie scelte da diversi partiti nella navigazione verso il voto di ottobre sono una forma di referendum, così come i concerti programmatici sul web sdoganati dal Movimento Cinque Stelle. Insomma se da una parte la politica dice ai cittadini che vuole ascoltarli dall’altra, e spesso è quello che non dice il più interessante, manifesta una gigantesca difficoltà nello svolgere il ruolo che le mette in mano la democrazia rappresentativa: decidere secondo mandato elettorale. Sembra quasi che fare un passo senza la legittimazione di una qualche agorà sia pericolo troppo grande. Latita il decisionismo vecchia maniera. Come ogni tendenza, infine, spunta anche il suo paradosso al capitolo democrazia diretta con la raccolta di “Iniziativa” contro la legge Svp per un coinvolgimento più facile che fatica dannatamente ad arrivare alla buca delle 8.000 firme necessarie. Nel tempo del referendum selvaggio rischia di fallire il referendum per più referendum.
Alan Conti

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