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domenica 16 febbraio 2014

L'ultimo dei masi bolzanini

Infissi che profumano di storia, un bel giardino curato, una cantina con le botti che una volta accarezzavano Lagrein e un labirinto di Stube interne. Un bel maso in montagna coronato dai pascoli o dalle vette? No, una coraggiosa enclave della Bolzano di una volta incastonata nel retrobottega di via Palermo. Sembra incredibile eppure in una delle strade più strettamente popolari della città, dove i condomini, anche recenti, si sono letteralmente mangiati l'erba rimane un piccolo compendio della vita contadina di una volta. Ci vorrebbe quasi una grossa teca di vetro per dare l'esatta dimensione di quello che si prova nell'essere ospiti di Marianne Ziegler passeggiando oggi dentro ieri. Questo maso, infatti, da più di cento anni resiste al feroce sfruttamento territoriale di questo segmento di città e lo fa in nome di una precisa scelta che il padre di Marianne fece a suo tempo: non si vende per non allontanarsi dalla città. A fine Ottocento la famiglia Riegler possedeva questo maso e tutta la campagna intorno: appezzamenti che arrivavano fino all'abbazia di Novacella, dove ancora oggi resiste la vigna. La casa in sè, e qui si nasconde lo straordinario, è pressoché identica 
Fatta eccezione per la stalla che oggi si è trasformata in un box per auto. Il resto, però, è rimasto immutato rispetto al turbinio che si scatenava intorno. All'interno di quello che era il vecchio fienile si scende nella cantina attraverso una botola dove si conservava il Lagrein a riposo. Ancora oggi ci troviamo qualche botte, un paio di brocche e una graziosa tovaglia pronta all'incontro. La famiglia, d'altronde, continua ad essere proprietaria di diverse vigne nella zona di Caldaro e Appiano. Il tanto terreno di una volta, però, è stato frazionato nei vari passaggi familiari e in molti non se la sono sentita di dire no ad alcune offerte, così intorno ha cominciato ad avanzare il cemento fino a tagliare il tramonto al piccolo maso. “Ci si abitua a tutto” ci spiega Marianne, tranne all'idea di cedere un centimetro di questo piccolo gioiello di verde e storia. Non lo dice apertamente, ma si può tranquillamente supporre che più di qualcuno sia arrivato ad offrirle grosse cifre per salutare il suo passato. Si parlò di fare una scuola, un parcheggio e altri servizi laddove una volta l'unico servizio era il mulino della città esattamente lungo l'attuale via Visitazione. Sono tanti, comunque, i bolzanini che ricordano la famiglia Riegler con il loro piccolo banchetto dirimpetto il maso dove si andava a comprare frutta e verdura coltivata di lì a pochi passi, ma anche la latteria. Oggi la struttura accusa i colpi del tempo che passa: mura umide e colme di pietre con un primo piano ancora slacciato dalle forniture. Si abita solo di sotto. Le stanze, comunque, sembrano anche loro incastrate nel racconto di qualcosa di lontano: tutte fornite di stube, tutte di legno. Un letto è addirittura centenario e venne realizzato con il legno dell'albero piantato per il padre di Marianna: un'usanza piuttosto diffusa nella cultura contadina.
Sbiriciare indietro ha il suo fascino, ma punge quando Marianne ci rivela: “Non sono mica in tanti quelli che vengono a chiedermi la storia di questa casa”. Una difesa così strenua, forse, meriterebbe maggiore attenzione anche da parte delle istituzioni: non può bastare il non aver mai sfoderato l'esproprio, forse anche per contingenze fortunate. Qui dentro ci raccontano la storia della nostra città senza bisogno di un libro o un gruppo Facebook: farle fare la fine di una casetta degli uccellini sbalzata dal vento degli anni sarebbe un piccolo delitto.

Alan Conti 

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