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giovedì 17 luglio 2014

Cosa resterà di questo Mondiale?

BOLZANO Gli echi della samba hanno finito per spegnersi nello scontro secco dei boccali da un litro di birra per le strade di Monaco, Berlino, Stoccarda, ma anche di alcuni paesi altoatesini. Di questo Brasile 2014 sappiamo ormai tutto, compresa la vittoria di quella Germania che alle nostre latitudini è sempre qualcosa più di una cugina. I caroselli locali non sono certo mancati, così come le stilettate sui social network. A distanza di mesi, passate le polemiche, cosa rimarrà veramente di questa rassegna iridata? Lo abbiamo chiesto ad alcuni volti noti dei più disparati settori del panorama bolzanino. «Da un punto di vista tecnico non molto, anche se il 7-1 in semifinale entrerà nella storia del calcio – l’opinione di Michele Buonerba – però queste manifestazioni si rivelano sempre molto dispendiose e poco gratificanti per il Paese. Le infrastrutture promesse da Lula sono rimaste incomplete e a Manaus hanno costruito uno stadio da 15 mila persone quando hanno una squadra di serie C con una media di 700 spettatori». Identica amarezza per Elio Cirimbelli: «I debiti del Brasile resteranno, come l’amarezza per la poca umiltà della nostra Italia. Tifavo Argentina per la mia simpatia verso papa Francesco». Schematico Alessandro Bertoldi: «Tre cose. La Merkel ora è ancora più forte, il presidente brasiliano rischia di prenderle per strada e la nostra Nazionale come specchio del nostro Paese». Stesso concetto per Alessandro Corrarati: «Abbiamo troppe persone attaccate alla panchina senza saper dare grandi risultati. Il calcio non è più solo un gioco, ma un affare economico». Mette i puntini sulle i, invece, Andreas Unterkircher: «Avevo detto che molti ragazzi omosessuali guardano i Mondiali per vedere bei calciatori, ma sono in tantissimi che hanno guardato la manifestazione con un interesse tecnico e appassionato». Caustico, al solito, Oscar Ferrari: «Rimarrà il rigore. Quello di Vlaar che forse era gol, il, portiere che entra apposta per pararlo e quello che la Merkel voleva dall’arbitro solo perché italiano». Per Ilaria Piccinotti «La Germania ha vinto meritatamente e dovrebbe esserci da esempio» e per il collega Alessandro Huber «è stato il mondiale dei portieri, un circo che ha retto anche l’urto di una guerra o simile in Palestina». Parole piene di valori quelle di Emanuela Imprescia, presidente dell’Admo. «È sempre bello vedere una nazione che si unisce annullando le differenze per tifare. Mi piacerebbe che questo sport si unisse di più per promuovere la battaglia di offrire la vita per gli altri». Per Dado Duzzi, invece, l’eliminazione dell’Italia «ci ha liberato dall’obbligo della tifoseria per apprezzare nel giusto merito le squadre migliori». Elena Bonaldi, dal canto suo, è rimasta colpita «dalle lacrime dei brasiliani, bambini e anziani. Un popolo ancora innamorato del proprio Paese». «Dati gli ingenti investimenti – le fa eco Carlo Visigalli – quella sconfitta non è stata solo della nazionale, ma di un intero popolo». Vanja Zappetti mette in fila le emozioni: «L’1-7 del Basile è stato il crepuscolo degli dei, ma è anche stato il mondiale di un ponte crollato di pancia con un autobus sotto e della Costa Rica, mai sconfitta, la cui somma degli stipendi non copre mezzo anno di Messi». Chiusura con l’occhio tecnico di Stefano Pagani: «Prendiamo nota dello sviluppo tedesco del settore giovanile. Molti di questi giocatori sono stati campioni under 20. Credo questo debba essere l’insegnamento di questa manifestazione».
Alan Conti (www.altoadige.it)

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