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martedì 7 ottobre 2014

Bar Domino: 20 anni di idee


Non è un mistero: un domino per funzionare bene richiede tante tessere perfettamente combacianti. Quelle che da 20 anni garantiscono successo all’omonimo bar Domino si chiamano famiglia, qualità e capacità di guardare lontano. Già perché sull’affaccio di piazza Walther i fratelli Marchesini sono stati i primi a metterci il naso e ancora si trattava di un elegante stanzone vuoto più che di un salotto buono. Solo ampio spazio: senza quadri e senza particolare anima commerciale. Così Claudio, Stefano e Alessandro, supportati dalla sempre presente Irma Mariotti, si sono inventati un concetto che oggi incornicia piazza Walther come elemento naturale: il dehors con pranzo per i lavoratori della zona.
 “Fino ad allora – ricordano Claudio e Stefano – la pausa dal lavoro era possibile solo al ristorante, perlomeno qui in Centro. Così abbiamo elaborato la proposta di un piccolo menù curato che ha subito funzionato per questioni di tempo, economicità e qualità”. Già, però la concorrenza se n’è accorta abbastanza in fretta. “Sì, certo, ma mi creda: è stato un bene. Tutti gli esercenti hanno accettato la sfida di mantenere un certo standard creando una tendenza sia tra i bolzanini sia tra i turisti. Abbiamo allargato la domanda mantenendo una buona offerta collettiva”. Per una volta uno spazio urbano che fiorisce senza la cantilena dell’“era meglio prima”. “Piazza Walther è migliorata – ribatte Claudio Marchesini – ed è migliorato pure il flusso turistico. Oggi con Ötzi e le Dolomiti patrimonio dell’Unesco abbiamo visitatori in arrivo da Israele, Asia e Americhe. Gente, parrà strano, che torna a Bolzano e torna pure nel bar”. Il cuore di Bolzano, insomma, invecchia bene: parola di chi ne conosce ogni singolo angoletto. “Sono cambiate pure le abitudini. Solo pochi anni fa il sabato e la domenica era tutto chiuso e deserto: oggi si lavora moltissimo e con moltissime persone”.
 Riavvolgiamo il nastro perché la storia da esercenti della famiglia Marchesini ha molta bobina. “La nonna era albergatrice – sottolinea Stefano – mentre i nostri genitori hanno gestito per molti anni il ristorante La Torcia. Noi ci siamo formati con loro, poi è saltata fuori la possibilità di rilevare il vecchio Domino”. Due le molle: una sfida professionale e una vita meno da pipistrelli e più da passerotti. “Cercavamo un lavoro più diurno e un progetto ex novo. Dopo dieci anni ci siamo allargati con il piccolo locale sulla piazza e 5 anni fa abbiamo rinnovato il locale in Passaggio Walther e ottenuto, poco più tardi, una parte di piazzetta interna riqualificandola”. Un rilancio continuo. “La qualità è un investimento. Pensiamo proprio al dehors: se chiedi alla Coca Cola le sedie e gli ombrelloni te li regala, mentre le nostre strutture parasole sono svizzere e costano più di 5.000 euro. C’è una grossa differenza. Tutto, però, viene ampiamente ripagato”.
 Lavorare tra fratelli, infine, non deve sempre essere una passeggiata. “Bisogna essere intelligenti e distinguere bene professionalità da affettività. Siamo sempre stati abituati a fare così, ma dietro al bancone noi siamo solo soci e ci dimentichiamo dalla famiglia. E’ il segreto per andare avanti bene”. Tessere combacianti, sì, ma ben separate.

Alan Conti (www.altoadige.it)

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